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Innovazione e tecnologia post 2020: niente è più come prima

Writer: Ferdinando DagostinoFerdinando Dagostino

Questo titolo non è nuovo. E non perché il chiaro riferimento cronologico sia ormai entrato nel quarto anno di scadenza. Nemmeno perché il sottinteso tenga minimamente suggerire nuovamente un “post pandemia”. Esatto. Con polemiche o meno, possiamo asserire che Mr. Covid ha fatto il suo tempo e che quest’ultimo ha subìto già troppe violenze dallo spinoso virus.


Sta di fatto che mentre per alcuni il tempo si fermava e per altri si plasmava in un nuovo possibile rinascimento, l’economia era tutt’altro che in quarantena. Ritorna, quindi, l’esigenza di affrontare bilanci e considerazioni, mettendo questa volta sotto esame il futuro.


“Banale”, direte voi. Forse non avete nemmeno torto. Eppure, siamo davvero sicuri di sapere cosa è successo nell’ultimo quadriennio dal punto di vista tecnologico ed economico?


Volutamente capziosi e con un filo di preoccupata saccenteria, ecco che ci vogliamo provare noi. Nel 2018, verso la fine dell’anno, scrivendo in un editoriale tecnologico, proprio la penna che sta vergando questo articolo batteva su una pagina bianca la visione riassuntiva di un possibile 2019 tecnologico e di un 2020 cha all’orizzonte appariva tranquillo e pieno di sviluppi interessanti.


Ed è proprio il caso di sussurrare un romanesco “lallero”! Mi prendo la meritata pernacchia e continuo a ragionare, come facciamo tutti quanti, per tornare a capirci qualcosa di questo folle decennio. Nessuno aveva considerato la variante Covid-19, pronta dietro l’angolo e capace di entrare nel 2020 con la forza prorompente di un imbucato alla festa. Uno di quelli in grado di rovinare atmosfere, giochi, dinamiche e andamento della serata.

Un effetto che tutti noi paghiamo ancora oggi.

Ciononostante, l’innovazione non ha smesso di essere la star indiscussa, tanto da impattare inequivocabilmente nell’assetto economico e negli asset di rating delle borse mondiali. I grandi player sono diventati big, i big sono diventati colossi, questi ultimi definiscono un nuovo standard umano e sociale. Parole grosse, verrebbe da dire, ma oltre agli indici della borsa, a confermarlo sono i fatti.




Jeff Bezos, tra emergenza sociale e ambientale


All’inizio del 2020 il gigante delle vendite online vantava una valutazione di circa 920 miliardi di Dollari. Arrivato il Covid, come tutti i coefficienti del cassetto tecnologico, anche il famoso marketplace ha subìto un gioco di rimbalzi, tra leve di rialzo e cali, nel mese di marzo 2021 (a dire il vero con un gioco di plus valenze nell’intero trimestre, che però hanno definito il titolo “unstable”). Capito che l’emergenza pandemia non si sarebbe risolta in un solo trimestre, i titoli hanno raggiunto nuovi massimi record. Il segreto? Non ci vuole un esperto.


Il mondo si scopre costretto all’impiego degli strumenti digitali e, per adeguare servizi e bisogni, Amazon diventa il punto di riferimento per ogni acquisto. Comprare online non è più una scelta bensì LA scelta. La società ora vale 1.490 miliardi di Dollari. Cifra che rende ad oggi Amazon una delle più grandi aziende del mondo, a un passo solo da Microsoft.

Valore complessivo stimato nelle proiezioni dei prossimi 5 anni: 1,61 trilioni di Dollari (non chiedetemi di scriverlo in numeri per esteso perché ammetto che la mia mente non riesce a computarlo).

Come scritto da Forbes a fine del 2021, “Bezos, che attualmente detiene una quota pari all’11,1% di Amazon, ha visto il suo patrimonio netto crescere di oltre il 50% dall’inizio del 2020. E’ così la persona più ricca del mondo. Forbes stima il suo patrimonio a 178,5 miliardi, rispetto ai 114,7 miliardi di fine 2019. La seconda persona in questa classifica è il co-fondatore di Microsoft, Bill Gates, con un patrimonio netto di 113 miliardi.”


Se non fosse abbastanza come esempio di uno dei cambi di stack tecnologico, basti sapere che le azioni di Amazon erano in flessione prima del 2020 e ad oggi sono in ponderata stabilità con una quota media ad azione di 118 Euro.



Un nuovo status che ad oggi ha permesso all’imprenditore e ad Amazon di approcciare al prossimo nuovo business tecnologico: l’ambiente. Esatto, seppur tecnologia e ambiente possano sembrare due ossimori, in realtà abbiamo visto come nel 2021 e nel prossimo futuro ci saranno investimenti sempre più ingenti.

Se questo caso però rappresenta un colosso diventato standard, quali sono gli altri casi di grandi brand diventati più potenti? Cambio epocale negli asset di crescita per questo il quinquennio 2020-2025. Anche guardando al solo paese Italia, se andassimo a vedere le 400 aziende italiane più cresciute nell’ultimo anno troveremmo ben 5 settore in crescita:

  • Alimentare

  • Tecnologia

  • Farmaceutica

  • Sicurezza

  • Trasporti

Esatto. Al primo posto il settore alimentare. Niente di strano, a pensarci bene. In un momento di forte crisi come quello del 2020, il fabbisogno primario ha visto l’intera filiera agroalimentare/distribuzione/vendita al dettaglio completamente coinvolta. Ora vede una flessione ma dopo la coda lunga ci sono stati un rilancio e la stabilizzazione di un nuovo stack di servizio.


Il primo riguarda il ritorno della ristorazione dopo la grande depressione che ha visto il settore in grande crisi proprio a causa del Covid. Siamo tornati a una vita “normale”. Il desiderio di maggiore libertà, la centralizzazione del turismo nazionale e il fattore “rimbalzo economico” che vede sempre una curva ascensionale dopo la depressione sinusoidale, sta vedendo un aumento economico nel food e retail. La seconda, senza dubbio, l’aumento vertiginoso dei servizi di delivery. Spuntati come funghi durante la pandemia, ad oggi sono uno standard di abitudine per tutti.


I servizi di ecommerce per l’alimentare sono cresciuti del 62% e viene da chiedersi se non sia un caso che già nel 2017 proprio Amazon (aridaje che ci ritorno) aveva dichiarato di investire in un marketplace dedicato al settore in questione. Riflessioni…


Il futuro del settore alimentazione resta ancora incerto per molti fattori. Uno su tutti la crisi economica nella quale stiamo navigando in questo 2023, seppur molta riposta arriverà dall’impatto crisi immobiliare dei prossimi mesi. Il settore della Tecnologia ha invece trovato finalmente una boccata di ossigeno. Se è vero che da anni parliamo di innovazione tecnologica, è altresì vero che gli investimenti sulle infrastrutture in Italia sono sempre stati al limite dell’accettabile.


Molte aziende, costrette dalla nuova condizione di lavoro in remoto, si sono viste obbligate a una modernizzazione delle loro infrastrutture: dalle VPN al miglioramento dei sistemi di rete, restare a casa è un obbligo e quindi rimanere connessi con il mondo una necessità.


Lo so che lo avete notato. Ma sì, dai, quell’accenno al settore farmaceutico. Non sveliamo tutte le carte. Secondo voi non faremo un articolo su sanità e farmaceutica nel prossimo futuro di The Monkey? Niente polemiche e nessuna soluzione. Qui si scrive se si sa e per riflettere. Visto la delicatezza dell’argomento, lo faremo con dovizia e spazio dedicato.


E il mondo del marketing?


Un vero e proprio marasma è quello che, invece, ha colpito il mondo del marketing online.

Investire, sì, ma con quale liquidità? I servizi digitali sono andati in rapido aumento ma anche Google ha subìto un’inflessione con pochi precedenti e dalla quale ancora fa fatica a rialzarsi.

Nel trimestre di marzo 2021 il titolo di mamma G tocca il minimo, una risposta chiara allo sgomento di un mercato di investimenti di pubblicità online che metteva in ghiaccio qualunque uscita. Perché, dunque, pubblicizzare attività e lavoro se bisogna restare chiusi o non si può lavorare?

Di contro, la nuova digitalizzazione nel secondo trimestre ha costretto i più temerari a ricominciare con gli investimenti. Ma i motori di ricerca sono monopolizzati dai principali servizi di sostegno e chi vuole adattare il proprio mestiere al mondo dell’online corre in massa alla ricerca di una visibilità. Il risultato è stato l’effetto imbuto. Ovvero un aumento di domanda vertiginoso che porta soldi nelle casse di Google ma mette in crisi gli algoritmi. Perché? La troppa competizione alza il prezzo per click delle pubblicità online e ovviamente le performance non valgono il gioco.



Gli investimenti su Google ADV sono tornati ad essere costanti nel 2022 e l’incertezza di un mondo che ancora si lecca le ferite, fa restare tutti con la saracinesca mezza chiusa.

Non solo. Per rispondere alla crisi e far ripartire l’economia, ecco che arriva l’esigenza di tornare a pubblicizzarsi per attrarre maggiore domanda.

Questo ha portato il 2023 a vivere di grandi confusioni che non aiutano le aziende ad investire sui reparti di digital marketing.

La domanda c’è ma la competizione è assurda. Un sacco di gente al mercato con le tasche vuote e troppi pescivendoli che vendono la stessa trota pur di accaparrarsi i pochi spiccioli disponibili.

Fortunatamente gli esperti considerano questa una situazione di “risacca” momentanea e si prospetta una seconda parte del 2023 in ripresa ma è anche vero che lo avevano detto del secondo semestre 2021, dove una domanda del pubblico in netta crescita aveva dato speranza migliorando le performance sulla competizione di chi spende.

Come in ogni foschia del mare, un faro illumina la notte per dare un nord da seguire alle piccole barche stanche.

Questo è quello che sta accadendo nel 2023 con l’intelligenza artificiale.

Il settore tecnologico sembra essere all’alba di un nuovo risorgimento. Peccato che, come ogni movimento di sviluppo evoluzionistico, il movimento filosofico ed etico perda sempre un giro per accompagnare l’umano nelle transizioni.

Qualcosa sembra muoversi e saremo curiosi di capire se le discipline tecniche ed umanistiche, finalmente, concorreranno insieme per proteggere impatti economici ma anche sociali.


Infine, e non per meno importanza, come abbiamo visto la luce è arrivato anche l’abbaglio.

Protagonista di questo fenomeno è stato il settore immobiliare.

Al centro di un grande fermento che pareva balsamo per la crisi, presto detto stiamo per affrontare un nuovo tsunami.

Tassi di interessi ai massimi degli ultimi vent’anni e speculazione immobiliare rischiano di mettere in ginocchio i risparmiatori che hanno investito nel mattone. L’Italia sembra uno dei paesi più al sicuro ma pensare in chiave nazionalista in un mondo che pensa e fa i bilanci in chiave europea è come pesare 200 tonnellate pensando di combattere il colesterolo mangiando la fatidica mela quotidiana.


Ed ecco nascere nuovi concetti di proprietà e casa. Nuove forme di futura visione del “tetto” sulla testa come risposta di un genere umano che vuole un mattone sicuro e non una tegola in fronte.

Sicuramente parleremo anche di questo nei nostri prossimi articoli.



In conclusione, sul futuro non si esprime nessuno. Tranne il sottoscritto che ciarla senza permesso.

Tutti attendono di capire se questo 2023 riuscirà a guarire dal virus dei flussi economici e non certo da quello da tampone.

Non esiste una mascherina dal quale proteggersi ma solo la voglia di capire il mondo in cui viviamo.


Una cosa sola è sicura. Il futuro è dell’innovazione. Sta arrivando una nuova grande onda, bisognerà essere in grado di cavalcarla. Se c’è una cosa che ci ha insegnato questa crisi è che l’evoluzione non è finita.


Ad oggi, resistere passa anche da quanto siamo in grado di essere smart, per diventare big.








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